“Signori, in piedi di fronte a una donna”. Con queste parole del sonetto, attribuito a William Shakespeare e interpretato dalla regista e attrice Enrica Rosso, ha avuto inizio l’evento “L’universo poliedrico del femminile. Da Kali a Desdemona”, tenutosi il 6 marzo scorso presso la storica Casa internazionale delle donne a Roma. Organizzato dall’Unione Induista Italiana - Sanatana Dharma Samgha- e patrocinato dalla Regione Lazio, l’incontro ha visto la partecipazione preziosa di importanti istituzioni come l’Ambasciata dell’India a Roma, di associazioni e Onlus quali “Doppia Difesa”, “NARI ONLUS”, “Prospettive Mediterranee”, “AFLIN”; di accademiche come la professoressa Marilia Albanese; la giornalista RAI Valeria Fraschetti; artiste come le registe e interpreti Enrica Rosso e Puja Devi e, non ultima, la danzatrice di danza classica indiana Atmananda. Perché tutte queste voci riunite insieme? Utilizziamo, per rispondere a questa domanda, la suggestione del sonetto: Per alzarsi tutti insieme di fronte alle donne, per esprimere rispetto per tutte quelle donne che sono vittime di violenza, e per tutte quelle donne che ce l’hanno fatta, che mostrano nella propria vita la capacità di saper far valere la propria forza e gentilezza insieme. Tutti i convenuti hanno sentito la necessità, il desiderio di alzarsi simbolicamente insieme di fronte al femminile, di fronte a quella potenza misteriosa e affascinante che da secoli immemori è ora esaltata e amata ora vituperata e tradita. Svamini Hamsananda Giri ha sottolineato questo aspetto: è opportuno parlare della specificità femminile sia riguardo alla violenza che purtroppo le colpisce, sia riguardo all’orgoglio delle donne, delle italiane che hanno lavorato in India e delle indiane che vivono e lavorano in Italia, come esse stesse diranno nel corso di questo evento. L’ambientalista Grazia Francescato, abilissima moderatrice dell’incontro, ha ricordato quanto la donna sia anche vicina, per la sua sensibilità, alla sacralità della natura e quanto possa agire per “fare comunità”, superando l’egoismo sociale imperante. Il titolo stesso dell’evento, del resto, esprime una pluralità di significati, mostrando due emblemi femminili anticonformisti, potenti, pionieristici per i loro tempi. Il primo, la Dea Kali, il secondo Desdemona che osò sfidare le norme paterne pur di seguire il suo amore Otello. Il primo, emblema di potenza, espressione del divino nella forma di donna; il secondo una forza di donna tradita e resa vittima, ma pur sempre capace di seguire la propria volontà fino in fondo. Molto istruttivo, coinvolgente e pacificante è stato l’intervento della Vice Capo Missione dell’Ambasciata dell’India a Roma Smt. Gloria Gangte, la quale ha sottolineato il grande cambiamento che sta avvenendo in India in termini di empowerment della donna. Ha presentato una serie di figure femminili che rivestono ruoli importanti e che mostrano un diverso volto dell’India, alternativo rispetto allo stereotipo della donna indiana associata soltanto agli aspetti più cruenti e crudeli, a situazioni disagiate e di discriminazione. Non si è quindi voluto negare che il cammino resti ancora lungo da compiere... Troppe ancora a livello mondiale le brutture operate sulle donne. Tuttavia, si è voluto affrontare il tema con grande speranza. Un registro intimo e di condivisione delicatamente femminile non ha escluso la presenza maschile. L’avv. Claudia Sorrenti, in veste di rappresentante della fondazione Doppia Difesa, ha sottolineato infatti quanto sia importante e quanto lei stessa fosse felice della presenza in sala di tanti uomini, perché questo dimostra che la sensibilità deve svilupparsi anche da parte maschile, in particolare nei luoghi di lavoro, dove la persona violenta può essere individuata prima che compia atti irreparabili. Le donne, ha detto, devono imparare ad osservare anche i più piccoli gesti, i minimi segnali, perché da questi si può scatenare una vera e propria tempesta di violenza, fino ad arrivare agli orrendi casi di femminicidio. E devono imparare a non cedere alle umiliazioni quotidiane che minano la dignità e l’autostima. Formula molto apprezzata è stata la scelta di alternare gli interventi a interludi di arte performativa, in particolare con le letture dal testo sacro induista Devimahatmya, un inno alla Madre divina, interpretato magnificamente da Puja Devi, che ha saputo trasformarsi ora nel malvagio demone Mahisha ora nella potente Durga che sarà in grado di annientarlo. Queste letture hanno introdotto la danza classica indiana eseguita da Atmananda, che ha saputo portare una testimonianza viva e inconfutabile del significato di Shakti, di potenza femminile, lasciando tutti senza parole! Da Kali si è dunque passati a Desdemona. Enrica Rosso ha accompagnato il pubblico nella camera di Desdemona, in un momento particolare: nei quindici minuti che precedettero il suo assassinio. In quello spazio intimo ma violato, Desdemona parla; sì, ebbene parla con Otello con il cuore in mano, ferito. Con un’attualità da lasciare i brividi sulla pelle, Enrica ci ha condotto nella disperazione di Desdemona, di questa donna che ha saputo sfidare le convenzioni sociali, famigliari pur di seguire il proprio amore. Cerca di convincere Otello a rinsavire. Con una tenerezza commovente cerca di riportare la sua mente a quei momenti in cui le sue mani accarezzavano il suo viso e ora invece la vogliono stringere in un’ultima morsa mortale. La seconda sessione è iniziata con le testimonianze di donne indiane induiste che vivono qui in Italia. Koomal Kumari ha portato l’esperienza del suo essere giovane in Italia; ha sottolineato quanto sia importante saper coniugare tradizione e modernità in un armonico equilibrio: prendendo il buono che c’è in tutte e due le culture, quella indiana quella italiana. Ha evidenziato quanto sia fondamentale per i giovani la fiducia che i genitori ripongono in loro, insegnando una libertà consapevole e responsabile. Nelle parole di Ritika Handa è emerso quanto sia importante insegnare alle bambine a tirar fuori la propria forza, a credere sempre in se stesse e, nello stesso tempo, spiegare ai figli maschi il rispetto per le donne. Non c’è autorità, ha detto, né polizia che possa essere efficace se la consapevolezza e la prima reazione non vengono dalla donna stessa. Leena Gupta, mediatrice culturale, da tanti anni è impegnata nell’ascolto e nel lavoro a favore delle donne indiane migrate in Italia che non conoscono ancora bene l’italiano o che non hanno la patente e pertanto restano spesso isolate all’interno della famiglia; ha sottolineato quanto questi due fattori siano decisivi nel processo di emancipazione e di come l’associazione NARI si impegni in questa direzione proponendo dei corsi di lingua italiana all’interno del tempio. Sono intervenuti poi il presidente e il segretario dell’associazione NARI rispettivamente Anil Kumar e Satwinder Singh. Hanno raccontato e documentato cosa fa la Nari e quanto ancora potrebbe fare con l’aiuto di tutti. La parola è passata quindi alla professoressa Marilia Albanese che ha tenuto una lezione magistrale sul ruolo della donna in India intitolata “Il femminile tra il cielo e la terra” mostrando luci e ombre della situazione femminile in India. Ha citato la crescita dell’istruzione femminile, la diffusione del microcredito (restituito dalle donne nel 98% dei casi), la nascita di un’editoria di stampo femminista. Ha inoltre posto in chiaro un aspetto importante, ovvero quanto gli stessi miti induisti siano stati travisati e interpretati a beneficio di una società maschilista, tradendo di fatto il loro messaggio originario. È seguita la testimonianza della Enrica Miceli, premiata come miglior volontaria dell’anno per il suo impegno in associazioni che lavorano per migliorare le condizioni della donna in India, e ora segretaria della Associazione “Prospettive Mediterranee”. È stata poi la volta della giornalista RAI Valeria Fraschetti che ha condotto una ricerca come freelance in India dal 2008 al 2010. Da questo studio è nato un libro “Sari in cammino. Perché l’India non è ancora un paese per donne”. Nel suo intervento ha voluto puntare l’attenzione su tre aspetti principali: la quanto sia importante l’emancipazione economica, affettiva e politica delle donne indiane. È intervenuta inoltre Radha Gupta (Brahma Kumari), che ha messo in evidenza il valore dell’autostima anche nel percorso spirituale e della necessità di affermare ciò che è giusto non con la violenza ma con la dolcezza. Il pomeriggio insieme si è con cluso con la proiezione di un video clip che Emanuela Sabbatini, presidente dell’associazione AFLIN, ha voluto condividere dall’India. Gli interventi, succedutisi con un ritmo andante e piacevole, hanno fatto emergere un messaggio chiave: fare “rete”. Vi è stato chi lo ha espresso in modo più poetico come Grazia Francescato, che ha concluso dicendo che bisogna fare “costellazione”, ovvero unire tanti punti luce in quello che può apparire come un fitto buio, perché unendosi insieme si può fare molto però favorire un giusto ascolto delle situazioni di difficoltà di molte donne che si trovano a vivere e subire abusi nella famiglia, soprusi nel lavoro e disparità nella società nel suo insieme. Come s’è detto, l’accento non è stato posto soltanto sugli aspetti negativi; infatti, pur mettendoli in evidenza, l’incontro ha mostrato anche grande spiragli di luce, grandi esempi di donne che rivestono ruoli importanti nella società, in tutti gli ambiti, da quello medico a quello scientifico, accademico, artistico, politico e religioso. Per tirare le fila di quanto è avvenuto martedì 6 marzo, si può concludere affermando che questo omaggio alle donne è stato un’opportunità per “fare rete”, per dare voce, per gettare dei semi di collaborazioni che ci auguriamo possano far nascere foreste e offrire rifugio e nutrimento a tutti. Non dunque in una contrapposizione tra emisfero maschile ed emisfero femminile bensì in una loro armonica sincronia, sintonia di intenti e di valori. Come ci ricorda mirabilmente l’iconografia di Ardhanarishvara, figura di Dio che per metà è uomo e per metà e donna, esprimendo quella polarità che è presente in tutta la manifestazione. Solo dove vi è accordo vi è vita per le donne e gli uomini di oggi, ma ancor di più per chi verrà domani. La sfida è quella di educare i bambini, i propri figli, al rispetto e all’ascolto attento dell’altro, chiunque esso sia, perché come ci ricorda l’induismo: Ahimsa paramo dharma, la nonviolenza è il bene supremo! Buona festa delle donne a tutte e a tutti!