IL SENSO DEL TEMPO NELL’INDUISMO

Il Signore Indra e le formiche

Un bellissimo mito del Brahmavaivarta Purana, legato alla figura del Signore Indra, re degli Dèi, ci spiega la concezione cosmogonica del tempo.

Racchiuse nel racconto si trovano le ere cosmiche, yuga, disposte secondo un ordine ciclico all’interno del quale si colloca anche la vita dell’uomo.

Un mito in particolare mostra come il tempo sia espressione transitoria, e come la vita simile a un battito di ciglia. Ed è proprio in virtù di questa consapevolezza che l’ induismo ricorda l’importanza di saper cogliere ogni opportunità per crescere e diventare consapevoli della vera Realtà che mai muta e che è oltre il tempo e lo spazio.

L’antefatto della storia, che vogliamo raccontarvi, richiama un altro mito legato alla sconfitta da parte di Indra del temibile demone Vrtra, che, per lungo tempo nascosto sotto le montagne, aveva trattenuto le acque dell’universo. Con la sua potente arma, vajra, Indra riuscì a trafiggere le spire del corpo del demone e permettere così alle acque di tornare a fluire e fare rifiorire la vita in ogni essere vivente. Sconfitta, la schiera dei demoni, asura, tornò nei mondi oscuri mentre i celesti, i Deva, fecero rientro nei paradisi, ad Amaravati, la loro città che durante il periodo della guerra era andata in rovina. Acclamato dagli Dei, ebbro del trionfo per la vittoria ottenuta e pieno di orgoglio, Indra ritornò al suo palazzo reale che ritrovò in uno stato di totale distruzione a causa della guerra. Allora immediatamente convocò Visvakarma, l’architetto divino, per ordinargli la ricostruzione del palazzo reale.

Antico dipinto raffigurante il Signore Indra sul suo elefante Airavata.

I lavori procedevano incessanti, ma il re degli Dei, insuperbito dalla propria forza, ogni giorno rivolgeva a Visvakarma nuove richieste, progetti sempre più ambiziosi di laghetti, padiglioni, sale, cupole, terrazze.
Stanco ed esasperato dalle continue pretese di Indra, Visvakarma, in segreto, si rivolse a Brahma, il Creatore, per trovare una soluzione.

Dopo averlo ascoltato e confortato, Brahma rassicurandolo, lo congedó.

Sollevato da questo fardello, Visvakarma fece ritorno a casa, mentre Brahma andò al cospetto del Signore Visnu, chiedendogli aiuto.
Fu così che, all’alba del giorno successivo, un fanciullo si presentò al palazzo e chiese udienza al re degli Dei. Dopo essere stato accolto, il fanciullo salutò il Signore Indra con uno sguardo dolce e profondo.
Dal suo trono, Indra chiese all’ospite il motivo della sua visita.

Il divino fanciullo rispose con una dolcissima voce: “O Indra, re degli Dei, dovunque è giunta notizia della tua vittoria sul demone e del magnifico palazzo che stai facendo ricostruire. Sono venuto ad ammirare questa magnificenza, ma mi domando quanto ci vorrà per finire questa sontuosa dimora e quanti altri prodigi dovrà compiere ancora Visvakarma per soddisfare le tue richieste”. Un lieve sorriso illuminò il volto del bambino che con voce solenne continuò: “Nessun altro Indra prima di te è mai riuscito a costruire un palazzo di tale grandezza”.

La vittoria aveva davvero esaltato Indra al punto di fargli apparire divertente e curiosa l’affermazione del fanciullo perciò si rivolse a lui con voce paterna e divertita: “Ma dimmi, nobile fanciullo, sarebbero tanti gli ‘altri’ Indra che hai visto o di cui hai sentito parlare?”
Guardando Indra negli occhi, pacatamente il bambino rispose: “Sì, in verità ne ho visti molti”.

brahma

Antico dipinto raffigurante il Signore Brahma

Il tono della sua voce fece rabbrividire Indra che nei suoi occhi dolci e sorridenti colse una luce profonda. Il bambino continuò: “Conoscevo tuo padre Kasyapa, tuo nonno Marici, figlio di Brahma e conosco anche Brahma, generato dal loto dell’ombelico di Visnu, e Visnu stesso conosco. O Indra, re degli Dei, ho assistito a tremendi pralaya, momenti in cui, terminato un ciclo della manifestazione, tutto scompare nelle primordiali acque dell’eternità dalle quali tutto risorge nuovamente. Ogni cosa ritorna nell’insondabile oceano infinito, per poi tornare a manifestarsi ancora e ancora in una ciclicità eterna del tempo. Chi è in grado di contare gli universi già esistiti e le creazioni avvenute? Chi saprà contare le epoche del mondo che passano succedendosi senza fine? E chi, guardando lo spazio infinito, saprà contare gli universi, ognuno contenente il suo Brahma, il suo Visnu, il suo Siva? E chi potrà contare gli Indra che abitano gli universi, gli Indra già esistiti, gli Indra che verranno? Forse è possibile contare le gocce di pioggia nei fiumi, laghi, mari, oceani e nelle tempeste ma, o re degli Dei, nessuno mai potrà contare questi Indra. Questa è la saggezza della vita, la conoscenza dei saggi.
La vita di Indra dura settantun kalpa e quando quattordici Indra sono morti, è trascorso solo un giorno di Brahma. Ma l’esistenza di un Brahma, misurata in giorni di Brahma, dura centoventi anni. A un Brahma succede un altro Brahma in un ciclo senza fine. Non è veramente possibile contare tutti questi Brahma e tutti questi Indra. Allo stesso modo non è possibile contare gli universi che vengono creati e dissolti in un ciclo infinito. Vuoi forse tu, o Indra, contare gli Dei di tutti questi mondi?”
Mentre si svolgeva questo dialogo, nella sala delle udienze comparve una fila folta di formiche sfilando quasi fosse uno schieramento militare. Il divino fanciullo distolse lo sguardo da Indra per contemplare questa parata. All’improvviso proruppe in una risata, poi ammutolì di nuovo e pensieroso rivolse lo sguardo a Indra.
“Perché ridi?” balbettò il re degli Dei.
“Per le formiche” rispose il bambino “ma non posso rivelarne il motivo. Il dolore e la conoscenza sono racchiusi in questo segreto che giace nascosto nella sapienza delle epoche e che solamente di rado viene rivelato ai saggi. Esso è l’essenza dell’esistenza di coloro che hanno rinunciato al mondo, ma invece per coloro che vivono nel mondo accecati dall’ego, dai desideri e dall’orgoglio, è fonte di distruzione”.
Come paralizzato, Indra osservava il fanciullo, poi con voce flebile gli domandò: “Non so chi tu sia, o nobile fanciullo, ma ti prego, o figlio di brahmano, rivelami questa Verità che è racchiusa nella manifestazione, fa’ che la luce della conoscenza disperda le tenebre della mia ignoranza!”
“Poiché il tuo desiderio di conoscere è sincero, voglio renderti partecipe di questa sapienza. Le formiche che abbiamo osservato non sono altro che gli Indra delle epoche precedenti. Per mezzo del giusto agire, questi esseri si sono evoluti fino a diventare gli Indra delle varie epoche passate. In seguito, a causa del loro orgoglio e superbia sono tornati a nascere nello stato di formiche. Le azioni virtuose e la devozione elevano gli abitanti del mondo alle sfere celesti, mentre azioni malvagie li fanno tornare a vivere stadi di esistenza precedenti. È con le azioni che si producono meriti e demeriti karmici. Questa è la conoscenza che sono venuto a rivelarti. La vita nel ciclo delle incarnazioni è solo una realtà illusoria.Tutti gli esseri manifesti nei vari mondi, deva, asura, uomini, animali e l’universo stesso sono solo apparizioni di questo grande sogno. La morte amministra la legge del tempo, padrona assoluta di tutte le cose. A lei sono soggetti il bene e il male delle creature del sogno. E per questo motivo che i saggi non si attaccano né al bene né al male. I saggi, in verità, non sono attaccati a nulla.”
Questa rivelazione aveva scosso profondamente Indra che sedeva smarrito sul trono, conscio ormai della vanità della vita e del suo potere.

Mentre ancora rifletteva sulle parole udite, nella sala apparve un vecchio eremita con i capelli arruffati, con il corpo ricoperto unicamente da un perizoma di antilope e uno strano ciuffo di peli a forma circolare sul petto al centro del quale, molti peli erano scomparsi.
Indra, non appena vide l’ospite, si inchinò in segno di ospitalità, lo fece accomodare e gli offrì acqua e cibo mentre contemplava incuriosito l’austera figura.
“Chi sei sant’uomo?” chiese il fanciullo a questo punto, interpretando il pensiero di Indra. “Da dove vieni e che cosa ti conduce qui? Quale è il significato di questo strano ciuffo di peli che hai sul petto? ”L’asceta sorrise con dolcezza e rispose pazientemente: “Io sono un brahmano e sono venuto per svelare la mia saggezza. La consapevolezza della brevità della vita mi ha spinto a rinunciare ad ogni cosa, non possiedo né ricchezze né legami. Il ciuffo di peli sul mio petto rappresenta simbolicamente il perenne fluire del tempo che è fonte di dolore per gli abitanti del mondo, ma nello stesso tempo insegna loro la saggezza. Ogni volta che un Indra muore, dal centro cade un pelo, quando tutti i peli saranno caduti, morirò anch’io. Come vedi, caro fanciullo, i giorni che mi restano sono pochi. Ogni battito di ciglia di Visnu segna la morte di Brahma, e ogni cosa nei mondi al di sotto della sfera di Brahma non ha consistenza. Per questo motivo mi dedico esclusivamente all’ascesi e alla meditazione. Tutte le gioie terrene e anche quelle celesti sono inconsistenti come un sogno: questa è la sapienza che ho appreso da Siva stesso”.
All’eco delle ultime parole, svanirono sia l’asceta che il fanciullo. Indra aveva ormai compreso che i due visitatori erano Siva e Visnu stessi, apparsi per insegnarli una grande verità. Rimasto solo e ancora profondamente turbato dalle parole udite, Indra convocò Visvakarma e dopo averlo ricompensato per i suoi servigi, ringraziandolo lo congedò. Non provava più alcun desiderio di esaltare il suo splendore celeste, anzi, sentiva nascere il desiderio di ritirarsi per sempre alla vita ascetica. Chiese consiglio a Briaspati, il guru degli Dei, il quale gli ricordò l’importanza di assolvere al suo dovere di sovrano, perciò Indra tornò sul suo trono per regnare con grande equilibrio e giustizia.

Antico dipinto raffigurante il Signore Shiva

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